Il sogno di Davide

Buongiorno a tutti,

sono Sara la mamma di Davide un vulcano di 13 anni….Sin da piccolo Davide è sempre stato molto teatrale, ha sempre amato recitare storie, recitare poesie, interpretare personaggi e parlare, parlare, parlare……..tanto…….

Crescendo Davide ha sviluppato un particolare interesse per il teatro e la recitazione e circa quattro anni fa ha deciso di iscriversi a una scuola di teatro dove ha intrapreso un percorso che ad oggi porta avanti con tanta passione.

Sul palco Davide esprime tutto se stesso e quest’anno in lui è nato il desiderio di fare da grande il doppiatore; il mio stupore è stato davvero grande perchè sentire un desiderio tanto particolare in un ragazzino di 13 anni è raro.

Ho deciso però di assecondare il suo desiderio e per un fortuito caso sono stata messa in contatto con un attore doppiatore che abita vicino a casa nostra; questa persona dal cuore grande ha preso Davide sotto la sua ala e ha iniziato a dargli lezioni di dizione e il mese scorso quasi per gioco ha iscritto Davide ad un provino per un committente londinese che lo ha scelto tra tanti ragazzi per doppiare un video gioco su Harry Potter che uscirà anche in Italia.

Non so esprimere la gioia di Davide da quando ha iniziato questo meraviglioso percorso e la mia grande soddisfazione nel vedere il mio cucciolo diventare piano piano il ragazzo meraviglioso che è ora; nonostante tante difficoltà e nonostante tutte le paure ora Davide sta vivendo il suo sogno e io sarò sempre accanto a lui nel suo meraviglioso volo che si chiama vita.

Sara

I DIRITTI UMANI

Se dico abilismo sai di che cosa parlo?
L’abilismo è la discriminazione nei confronti di persone con disabilità e, più
in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano un corpo abile.
Nella vita di tutti i giorni l’abilismo lo vediamo quando le strutture non
offrono servizi a persone con disabilità, come le rampe per le persone in
carrozzina, oppure quando ci si sorprende di chi ha una disabilità e riesce a
compiere azioni normalissime.
Tutti noi abbiamo sbagliato almeno una volta ad usare un termine.
Questo perché? Perché nessuno ci educa, ci dicono solo che è sbagliato
discriminare persone con disabilità.
L’abilismo è una discriminazione che esiste ma è poco considerata, a
differenza del razzismo, dell’omofobia o del sessismo.
In un mondo dove la maggior parte delle persone non ha disabilità,
le persone con, vengono viste come un tutt’uno con la loro disabilità.
Questo argomento mi sta molto a cuore, perchè, mio cugino Kevin è affetto
dalla Sindrome di Noonan.
La sindrome di noonan è una condizione genetica descritta nel 1963 dalla
dottoressa Jacqueline Noonan una cardiologa, che notò in vari pazienti, la
presenza di caratteristiche facciali simili e di bassa statura,
questa sindrome venne confusa per diversi anni con quella descritta da Turner
nel 1938, ma nel 1965 la Sindrome di Noonan venne definita a sé, prendendo il
nome da colei che la scoprì.
L’8 dicembre del 2017 mia zia Isabella, creò, insieme a molti altri genitori,
l’Associazione Nazionale Sindrome di Noonan e RASopatie.
L’Associazione, ha come obiettivo quello di non far sentire mai più solo
nessuno di fronte ad un momento di debolezza, attraverso il dialogo e la
condivisione di esperienze.

Oltre al sostegno l’Associazione vuole sensibilizzare le persone sull’inclusività
nella società, scolastica e lavorativa delle persone affette da questa sindrome
creando eventi a scopo informativo con dottori, psicologi, genitori, parenti e
tante altre persone.
Da quando sono piccola vado a questi eventi, e ogni volta che partecipo vengo
informata sempre di più.
Oltre all’informazione che ti danno, ti trovi in un ambiente molto accogliente,
infatti non mi sono mai sentita giudicata o non adeguata in tutti gli incontri a
cui ho partecipato perché tutte le persone che fanno parte dell’associazione ti
guardano in un modo diverso dagli altri.
Ogni incontro infatti, mi ha aiutato sempre di più a capire che queste persone,
a differenza di molti altri nella società in cui ci troviamo, non si soffermano
sul tuo aspetto fisico o sulle tue caratteristiche estetiche ma sulla persona che
sei, facendoti sentire importante.
Quindi cosa possiamo fare per inserire pienamente nella società le persone
con delle disabilità?
Innanzitutto, bisogna riconoscere il fatto che siamo tutti essere umani, che
avere una disabilità non rende migliori o peggiori.
Bisogna imparare ad avere un linguaggio ‘giusto’, ossia, se dico ‘ persone
diversamente abili’ è discriminazione o se dico ‘disabile’ e basta, riduco tutto
alla sua disabilità, sono prima persone, poi disabili.
Corretto è ‘persone con disabilità’.
E’ sbagliato anche chiamare una persona non disabile con termini tipo ‘down’.
E’ necessario che tutte le strutture vengano fornite in modo da eliminare le
cosiddette ‘barriere architettoniche’.
Un’altra cosa che forse sembra inutile ma è molto importante è quella di
chiedere, informarsi, studiare e mettersi nei panni degli altri.
Debellare l’abilismo significa anche debellare l’ignoranza incrementando il
rispetto verso le persone.

Emma Sofia Manfredi

Testimonianze del gruppo auto-mutuo-aiuto

Buongiorno sono Sara mamma di Davide 12 anni con sindrome di Noonan… da un anno circa ho
avuto la possibilità di conoscere la dottoressa Raugna e oggi ho partecipato a uno degli incontri di
aiuto messi a disposizione da questa splendida Associazione….. che dire?… ogni incontro è
sempre una carica di nuova energia per chi come me affronta giorno per giorno la sindrome… oggi
in particolare però ho vissuto momenti molto molto intensi per ragioni diverse….. mi ha emozionato
la testimonianza di Noemi perché vedere che splendido futuro questa ragazza speciale si sta
costruendo è linfa vitale per un genitore e dall’altra mi ha emozionato tantissimo l’intervento di una
mamma a cui è appena arrivata la notizia che ha sconvolto in un modo o nell’altro tutte le nostre
vite….. vedere che quella mamma anche solo per un attimo non si è sentita sola e persa è stato
per me l’essenza dell’impegno che ogni giorno l’Associazione mette in campo….. sono fiera di fare
parte di questa famiglia senza la quale io stessa sarei persa….. grazie di cuore ❤ Sara


Sai Isabella a volte crediamo di essere forti tanto da pensare di essere ormai di fuori da quel tunnel
fatto di incertezze, solitudine, disperazione, angosce e invece ti accorgi che ne sei dentro fino al
collo.
L’unica differenza tra noi e quelle mamme che ci si sono appena addentrate è che abbiamo
imparato a galleggiare e anche a raggiungere talvolta le sponde di questo tunnel della vita, che
non sono altro che i nostri eroi…voi mi ricordate che sono ancora li’ ma con altre prospettive e
soluzioni…..grazie e sicuramente alla prossima ❤ Francesca


Ho partecipato ieri all’incontro con la dott.ssa Raugna e ragazzi e genitori ed è stato veramente
bello, utilissimo ed importante oltre che interessante. Confronto, aiuto, scambio di idee ed
esperienze. Grazie per questa ennesima iniziativa vincente!!!! Vincenza


Grazie a tutti voi di esserci…. grazie per quello che fate e grazie a questa dottoressa: è una
persona deliziosa…. bellissima iniziativa molto positiva per noi e di grande aiuto. Mario


Grazie a tutti e a te in particolare Isa, per questa bella opportunità di incontro e di
confronto e grazie anche alla dott.ssa per la sua disponibilità. Cinzia


Nella giornata di ieri si è tenuto l’incontro di auto-mutuo-aiuto con la dottoressa Raugna.
Come sempre l’ottima impressione della professionalità e della capacità di farti sentire
subito a casa da parte di Maria.
Si è disquisito su più fronti e rimarcato il ruolo centrale dei nostri ragazzi speciali ormai
adulti che offrono spunti di riflessione, infondono serenità, speranza e fugano qualche
dubbio circa il futuro dei nostri figli ancora bambini. Noemi ed Emanuela sono il fulcro di
questo confronto anche se ormai orientate verso progetti diversi.
Non mi ha stupito la corsa alla consolazione di mamma Olga. Non mi ha stupito perché
abbiamo dimostrato ed è la norma ormai che siamo una grande famiglia che si stringe
attorno a chi è in difficoltà con un grande e forte abbraccio (anche se virtuale mannaggia).
Ho trovato molto proficuo il passaggio della punizione e dell’eventuale castigo ai ragazzi
(vale per speciali e non) che mi piacerebbe approfondire perché sovente in preda alla
rabbia o il coinvolgimento emotivo del momento si sbaglia con un urlo, castigo o divieto.
Salvatore


Grazie a tutti voi che mi avete accolto in questo gruppo che mi sento di chiamare una
seconda famiglia ❤
Vi voglio già bene a tutti e spero che la mia storia sia di aiuto per altre mamme o papà.
Noi non siamo diversi ma siamo speciali ❤
Abbiamo tanti caratteri diversi ma uno ci accomuna che è quello della forza? ❤
Grazie ancora a tutti voi. Noemi Giorgia


Secondo incontro di auto-muto-aiuto, un bel gruppo di genitori e ragazze Noonan, tanti
racconti, risate, lacrime, problemi di vario genere.
Genitori in crisi aiutati da chi i problemi li ha già vissuti, le ragazze Noonan che consolano
e rassicurano gli adulti.
Tutto questo da un senso all’Associazione nata per aiutare chi ha appena iniziato un
percorso a volte difficile e che può sembrare insormontabile ma condiviso, diventa un
sentiero più semplice da percorrere.
Un grazie a tutti i partecipanti e l’indispensabile dott.ssa Maria Raugna che con semplicità
e consigli utilissimi ci guida. Maurizio


Grazie a te, Isa, che con la tua passione e tenacia tieni insieme tutte noi famiglie in questa
grande Associazione e ci offri belle opportunità come quella che abbiamo appena vissuto.
Ogni incontro personalmente mi da la carica per fare meglio. Un abbraccio Tiziana


Primo sabato di un nuovo lockdown. Siamo nuovamente chiusi in casa, ma l’Associazione
c’è. Ore 16, mi collego all’incontro di auto-mutuo-aiuto e vedo volti familiari e volti nuovi,
tutti accomunati dalla voglia di parlare, ascoltare, di condividere. Ognuno di noi ha
qualcosa da dire, la dottoressa Raugna ascolta e dispensa i suoi preziosi consigli. Scende
qualche lacrima, è giusto potersi aprire.. se poi di fronte ci sono le persone giuste allora
l’animo si alleggerisce un po’ e le difficoltà sembrano meno insormontabili. Due ore intense
ed interessanti. Chiudiamo con la consapevolezza di non essere soli e con la voglia di
rincontrarci presto. Ringrazio l’Associazione per il prezioso aiuto che da a noi e ai nostri
figli! Paola

Riflessione di un ragazzo Noonan

In questi giorni di “quarantena” capita più spesso del solito di poter dialogare con i nostri figli senza essere tiranneggiati dal poco tempo a disposizione.

Un pomeriggio, durante qualche tiro di basket con mio figlio quindicenne (affetto dalla sindrome) ci siamo ritrovati a parlare della sua condizione, delle prossime visite da fare in ospedale e dell’Associazione.

Io ne faccio parte attivamente e quando ho chiesto a mio figlio se a lui interessa, se pensa sia importante, lui mi ha risposto <di sì> con queste testuali parole:

” Perché magari puoi dare una mano a chi ha appena avuto un bambino con la mia stessa sindrome e poiché tu sai cosa significa avere un bambino affetto da sindrome di noonan, potresti raccontare la tua esperienza da genitore e cosi far conoscere anche la storia di tuo figlio e aiutare le altre famiglie che hanno bisogno di aiuto o di supporto morale”.

Mi ha sorpreso … e questa sua riflessione racchiude tutto l’essenziale.

M. e N. B.

Una storia d’amore

Tante volte ho pensato che se fossimo stati seduti a quel tavolo a casa di  Bella e Max a Londra nel quartiere di Notting Hill, insieme ad Anna Scott, William Thacker, la sorella Honey e l’amico Bernie, sono sicuro che quell’ultimo pezzo di torta al cioccolato lo avrebbero assegnato a noi.

Le storie dei commensali erano sicuramente meno tristi della nostra.

Si, è così, senza ombra di dubbio quel dolce toccava a noi. 

La nostra storia era triste, la più triste, la più dolorosa di tutti, un dolore difficile da sopportare tanto da non farti dormire la notte, tanto da farti sentire il vuoto sotto i piedi ed un dolore in petto da togliere il respiro.

Quando è nato Francesco nel 2015 e più precisamente il 14 dicembre, due giorni prima del compleanno di Mara, la mamma, più o meno questo era il nostro stato d’animo, ancora non conoscevamo bene la situazione ma una serie di eventi, discorsi del pediatra, problemi riscontrati alla nascita portava la nostra mente ad avere una serie di pensieri negativi.

Infatti andò proprio così. La storia di Francesco è una storia come tante altre vissute da tante mamme e papà, storie di piccoli passi in avanti e grandi passi indietro e poi ancora indietro, poi in avanti, in avanti e sempre più avanti. E’ così, non c’è niente da fare, il “trucco”, definito così semplicisticamente, come fossimo dei maghi, è cercare di rimanere sempre in piedi e come in tutte le magie non sempre riesce, ma è così non hai altre scelte ed è per questo che ho fatto mio un motto di Baden Powell, fondatore dello scautismo, il quale diceva ” non esiste buono o cattivo tempo ma buono o cattivo equipaggiamento”, raccontava ai suoi ragazzi come affrontare le difficoltà del loro cammino nei sentieri dei boschi, con la natura come una esperienza di vita che ti forgia il carattere allenandosi a vivere i suoi ritmi, quando cammini sotto il sole d’estate o sotto la pioggia d’inverno con scarponi ai piedi e lo zaino in spalla, impari il significato di resilienza, di non arrenderti, di come con il cuore leggero e buoni propositi sei capace di affrontare qualunque strada.

Alle volte mi domando e se il buono o cattivo tempo fossero le avversità del quotidiano? E se il buon equipaggiamento di cui parla fosse la propria attitudine a gestire al meglio i nostri strumenti ed i nostri pensieri?

Questa è, per il momento, la missione di noi genitori, attrezzarci ed attrezzare i nostri figli nell’affrontare serenamente l’avventura della vita.

Tutto questo per dire che quel pezzo di torta al cioccolato non è mio, non è nostro, perché la nostra storia non è una storia triste.

La nostra storia è una STORIA D’AMORE.

Gianluca e Mara, un papà ed una mamma.

Fai della tua vita un sogno e di quel sogno una realtà

In questi giorni di grande ansia ho trovato in mio figlio un’àncora di saggezza.
È incredibile come possa un ragazzo Noonan, cresciuto tra tanta ospedalizzazione e difficoltà, giunto ad età matura, riuscire a darti tante soddisfazioni.
Fabio si è diplomato due anni fa come perito elettrotecnico e, dopo tanti test e selezioni per concorsi e vari invii di curriculum vitae, riesce a superare un lungo iter di assunzione in una azienda automobilistica”d’eccellenza italiana nel mondo”.
Al settimo cielo, felice ed entusiasta, Fabio parte dal suo amato sud e va a vivere da solo in Emilia Romagna ma, quasi alla scadenza del suo contratto, scoppia l’epidemia, la fabbrica chiude, ma lui resta in Emilia ed aspetta…
Abbiamo assistito ad un fuggi fuggi irresponsabile di persone da nord a sud per ricongiungersi con la famiglia di origine… Anche Fabio avrebbe potuto farlo, sarebbe stato “giustificato” rispetto ad altri… invece è lì, a quasi 600 km da casa, ed aspetta che tutto passi.
Anche questo è “SINDROME di NOONAN”: capacità di resistere ed adattarsi alle difficoltà che la vita ti butta addosso!
#MAIPIÙSOLI

Niccolò, il bambino che sorride alla malattia

BOSCOREALE – Niccolò è un bambino di Boscoreale. Ha un anno e mezzo appena e da qualche mese ha scoperto di essere affetto dalla “Sindrome di Noonan”. Una malattia che in pochi conoscono, caratterizzata da problemi di crescita, difetti cardiaci e dismorfismi facciali. Descritta per la prima volta nei primi anni ‘60 da una cardiologa pediatra, Jacqueline Noonan, la sindrome è ancora poco conosciuta. Ciò che si sa è che colpisce un bambino ogni 2500 nati. Sin dalla sua nascita, i genitori comprendono che in Niccolò c’è qualcosa che non va. Il calvario tra medici e specialisti va avanti per mesi e mesi. Una via Crucis per provare ad allontanare l’incubo di quella malattia. A ogni consulto, però, spunta un’ulteriore indizio. A ogni visita medica le paure prendono forma. Fino a diventare realtà. Nell’ottobre del 2018 la sentenza senza appello emessa dei medici: Niccolò effettua l’esame genetico per stabilire con matematica certezza quello che in fondo i dottori e la famiglia già sospettano da tempo. La risposta arriva a maggio. E, purtroppo, conferma la diagnosi iniziale. Niccolò è uno di quei pochi bambini nel mondo affetto dalla sindrome di Noonan. Tra i vari geni responsabili, a colpire Niccolò è stata la mutazione del gene RIT1 – ancora più raro tra chi è affetto dalla sindrome – scoperto solo nel 2015. E’ una doccia gelata per i genitori.

Il sorriso del guerriero

Ma il sorriso di un bambino, si sa, può lenire anche le più profonde ferite. E il sorriso di Niccolò è raggiante, vero, dolce. E’ un pugno al dolore. Un dispetto a quel destino beffardo e gretto che ha voluto cambiare per sempre la sua vita. Il sorriso di Niccolò non nasconde nulla, ma mostra in ogni piccola smorfia del suo dolce viso tutta la gioia di vivere, di scoprire il mondo, di afferrarlo giorno dopo giorno. Con l’innocenza e la forza che solo un bambino può avere. Il sorriso di Niccolò è il sorriso del papà Ercole e della mamma Carla, della sorella Valentina e del fratellino Mattia. E’ il riflesso di un amore incondizionato che li aiuta a trovare la forza di lottare, giorno dopo giorno. Senza abbassare mai la guardia. Senza scoraggiarsi, perché Niccolò ha bisogno di amore. «Non voglio entrare nel particolare della nostra avventura, la quale credo sia simile a quella di tutte le famiglie che vengono scelte per questa missione, ma di certo – racconta a Metropolis il papà – è motivo di arricchimento umano. Ma vorrei soffermarmi su un aspetto: non servono facce tristi.

I bambini come Niccolò – precisa – non hanno bisogno di essere circondati da tristezza e compiacenza ma solo di affetto, tanto amore e carica positiva. C’è bisogno di essere positivi e reattivi anche nei momenti in cui tutto sembra remarci contro». L’associazione La domanda è sempre la stessa e ricorre come un tarlo, in maniera compulsiva: «perché a Niccolò, perché a noi?». Angoscia e rabbia rischiano di prendere il sopravvento insieme alla solitudine. Poi, per la famiglia Collaro arriva l’incontro con l’Associazione Nazionale Sindrome di Noonan e Rasopatie ODV, nata dalla volontà di alcune famiglie che hanno deciso di voler condividere le proprie esperienze al servizio di chi oggi comincia il suo viaggio. «Sapere di potersi confrontare con altre famiglie che vivono la nostra stessa esperienza – spiega Ercole – è stato da sprono per prendere coscienza e migliorare». Oltre a dare sostegno, l’Associazione vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sulle malattie rare e sull’inclusione sociale, scolastica e lavorativa dei bambini e giovani con disabilità, oltre a favorire la ricerca scientifica svolgendo così un ruolo di fondamentale importanza in ambito medico. Per questa ragione, l’associazione ha promosso per dicembre la campagna “A Natale, regalati un sorriso – a piccoli gesti, con dolci azioni”. Con l’acquisto di un pandoro o un panettone, si potrà sostenere la ricerca, le famiglie e l’inclusione dei bambini e ragazzi affetti da malattie rare. Con un contributo di 13 euro si potranno ricevere un panettone da 800 grammi o un pandoro da 750 grammi, prodotti artigianali. «Ogni singolo aiuto – sottolinea Ercole, delegato per la regione Campania insieme a Gianluca Cefalo – può costituire un mattoncino per progredire con la ricerca, costruendo un futuro migliore per i nostri guerrieri Noonan».

Maria Gloria, Amore alla Vita

Sono Nico Di Tella, il papà di Maria Gloria.

Si può scrivere di una storia un lungo libro per descriverla, oppure si può stringere in poche righe.Ognuno leggerà poi di questa storia le sole parole che già risuonano dentro la propria anima, e solo quelle rimarranno, ma non già più come “parole”, ma come sensazioni, immagini, odori, suoni … fotogrammi ora della propria vita.

Ed è ora così, a fotogrammi, che rivedo la nostra vita insieme a Maria Gloria, in questo momento che riesco a fermare il vortice della giornata, per raccontare brevemente come mi è stato richiesto, qualcosa di lei e di noi genitori e famiglia, per dare qualche segno di speranza a chi ci sta’ entrando ora in questa nuvola incomprensibile che ti disorienta e che sconvolge le piccole e grandi certezze che avevi della vita.

Con Catia, nei primi mesi del 1998, avevamo già tre figli, Simone, Maria Serena e il piccolo Davide.La notizia dell’arrivo del quarto figlio ci riempì di gioia, conoscendo la vivacità e il bel rapporto che già gli altri tre avevano.Decidemmo con Catia di andare tutti insieme una sera a cena al ristorante Cinese, per dare a loro la notizia e festeggiare.

Furono subito felicissimi della notizia, sorpresi e incuriositi, e già fantasticando su come organizzare l’arrivo del nuovo bambolotto, maschio o femmina che fosse stato.Noi pensavamo che sarebbe stata una femminuccia, ma era ancora presto per avere la conferma.

Solo Davide, il più piccolo, era un po’ più pensieroso, aveva cinque anni e forse già intuiva una concorrenza sulle attenzioni che si sarebbero spostate da lui, alla nuova arrivata.Ad un certo punto borbottò: ma a che ora arriva sta’ sorellina??? Lo tranquillizzammo che ci voleva ancora del tempo.

Nei mesi successivi ci confermarono che era una bambina, ma rispetto alle altre gravidanze Catia si accorgeva che qualcosa non andava bene, finché dopo alcuni controlli ci dissero che eravamo in presenza di un polidramnios, un eccesso di liquido amniotico, e che bisognava tenere la situazione sotto controllo.In una visita dal Ginecologo notammo un certo nervosismo da parte del medico, fino ad ora ci aveva seguito professionalmente per ognuno dei nostri tre figli fino alla loro nascita.

Con aria preoccupata e decisa ci disse di pensare seriamente ad un aborto terapeutico, la bambina secondo quanto poteva capire lui e con gli elementi che aveva, sarebbe nata con seri problemi.Un gelido colpo al cuore ci colpì e in risposta ai nostri sguardi smarriti e ad un no deciso di tutti e due, ci disse che lui non poteva più aiutarci e se volevamo continuare la gravidanza dovevamo cercare un altro medico.

Lasciandolo lo ringraziammo per la sua sincerità e per quanto aveva fatto per noi fino ad ora.

Nelle tormentate ore successive e nei giorni che vennero eravamo attenti l’uno all’altra, a non dire parole sbagliate, a non farci cogliere nello sconforto, ma poi finivamo spesso in lunghi dolorosi abbracci …

Non avevamo dubbi che avremmo affrontato tutto con l’aiuto di Dio, con il contributo degli altri tre figli e con il coinvolgimento delle nostre famiglie.La affidammo spiritualmente alla Mamma del cielo chiamandola Maria Gloria e fu così che Maria Gloria arrivò, con un mese di anticipo nel caldo di Agosto del 1998, la notte stessa ci furono problemi di respirazione, terapia intensiva, poi lunghi giorni e mesi di ricoveri in vari ospedali.

Dopo pochi mesi con problemi di alimentazione dovemmo intraprendere la nutrizione enterale con sondino naso gastrico, ricoverati al Bambin Gesù.Un genitore con la bambina, l’altro nei corridoi o nel parcheggio del Gianicolo per darci il cambio per mangiare, riposare ecc. …

I giorni diventarono mesi, gli altri tre figli con i nonni o gli zii …

In questo momento della vita la famiglia era questo, Maria Gloria ci aveva scelti come genitori e come famiglia dovevamo tirarla fuori da questa prova, ed eravamo pronti a tutto.Qualche volta su nostra richiesta il medico ci diede il permesso di andare a casa per il sabato e la domenica, con la famiglia riunita eravamo felicissimi e riprendevamo speranza.

Chiesi al medico se potevo imparare a sostituire e gestire personalmente il sondino naso gastrico ed imparai.Imparai non solo la tecnica e la cura per non fare danni, ma soprattutto imparai a farlo guardando negli occhi Maria Gloria, sapendo di procurargli un po’ di momentaneo dolore ma poi delle piccole gocce di vita.

Intanto andava a rotoli il mio lavoro, quello di Katia, i mesi passavano.Vendemmo il nostro negozio di elettroforniture, non sapevamo se la situazione si potesse sbloccare in qualche modo, subentrarono problemi al cuore, agli occhi… Altri bambini ricoverati con noi dovevano mettere il sondino dalla pancia, qualcuno partì prima del previsto…

Girando nei reparti del Bambino Gesù, oltre che scoprire situazioni ancora più difficili della nostra, vedevo delle nuove macchine per l’enterale, molto più piccole delle prime, eravamo ormai così da un anno e mezzo.Chiesi alla dottoressa una cosa strampalata, un permesso speciale, visto che avevo imparato a gestire da solo la macchina, il cambio del sondino ecc., le chiesi se invece di qualche fine settimana ogni tanto poteva autorizzarci a portare a casa per più tempo tutta la macchinetta con l’occorrente per più giorni, la vicinanza dei fratelli e dell’ambiente famigliare faceva molto bene a Maria Gloria che diventava più allegra e reattiva e anche a tutti noi eravamo molto più sereni e sollevati.

La dottoressa ci autorizzò per qualche prova e vedendo i buoni risultati, soprattutto medici, ci fece fornire di una macchina più piccola e di tutto l’occorrente, finché, dopo diversi mesi ancora inventai un piccolo zainetto con batterie e medicinali e finalmente, con Maria Gloria che aveva ormai più due anni, facevamo persino delle uscite di famiglia per passeggiare in spiaggia, sul lungomare o andare tutti insieme al Cinese che piaceva tanto ai ragazzi o in pizzeria.Ad ogni pasto tutti insieme, in casa o fuori, sia noi genitori che i fratelli, per gioco o per speranza, spezzettavamo piccole quantità di cibo e imboccavamo Maria Gloria, che divertita e impiastrandosi tutta giocava a “mangiare”, sperimentava sapori e odori, scopriva cosa provavamo noi nel mangiare insieme.

Al suo terzo anno di età, in uno dei rientri in ospedale, Maria Gloria riconsegnò il suo zainetto alla dottoressa sbalordita e gli spiegammo che per noi non serviva più, avevamo iniziato a farla mangiare in modo autonomo, prima continuando a tenere anche il tubicino di sostentamento naso gastrico, poi diradando sempre più le ore senza, facendola mangiare e bere spesso e facendo attenzione al peso e alla sua reattività.

Dopo lo stupore della dottoressa e ancora vari giorni di controlli, analisi e prove senza più il sondino, poi finalmente ci dimise dal reparto di gastroenterologia.Tra i vari ambulatori, visite e controlli, la prima dottoressa che ci disse finalmente qualcosa di questa “malattia”, fu la dottoressa Digilio: secondo lei poteva trattarsi della “Sindrome di Noonan”, una rara malattia genetica di cui si sapeva poco o niente.

Per noi e per qualsiasi altro medico non ci diceva nulla questo nome, ma almeno iniziammo a informarci e sempre di più scoprimmo che 18 anni fa la dottoressa aveva ragione e ancora oggi è con lei che facciamo i controlli genetici annuali.

Diventerebbe molto lungo raccontarvi tanti particolari della nostra esperienza con Maria Gloria, ma è per noi evidente quanto è lei che ci ha aiutato a crescere, noi genitori, i fratelli e la sorella che hanno dovuto dare una grande accelerata alla loro infanzia per lei, ai nonni, ai parenti ed amici, Maria Gloria con la sua forza d’animo, pazienza, voglia di Vivere, ci fa vedere la vita con occhi nuovi…

Ha poi affrontato l’intervento al cuore e a tutti e due gli occhi, ai continui controlli, tutte occasioni per dire alla vita che non và mai sottovalutata e lei ce lo ricorda in ogni piccola conquista.Frequenta gli Scout da diversi anni e anche qui fa cose che noi non pensavamo potesse fare, le sue compagne e compagni di squadriglia ci dicono quanto è tenace nelle ore di cammino con zaino in spalla, vanno in canoa, ha fatto scuola di roccia, ha mille attenzioni per gli altri.

Da pochi giorni ha terminato gli studi all’Istituto Alberghiero di Anzio, diplomandosi con una bella valutazione.Noi non ci aspettiamo mai nulla da lei, ma è lei, Maria Gloria che ci stupisce continuamente con il suo “Amore alla Vita”.

Con lei vicino facciamo a tutti i “Guerrrieri” Noonan e alle loro famiglie tantissimi sinceri AUGURI per affrontare con Amore tutto quello che la Vita ci chiede, sapendo che se vogliamo non siamo mai soli, anche quando a noi non sembra.

Un grande abbraccio Nico, Katia, Maria Gloria!

Davide: energia e felicità!

Buongiorno a tutti, sono la mamma di Davide 11 anni con Sindrome di Noonan.

Anni fa, circa 8, quando è stata diagnosticata a Davide la Sindrome il mondo mi è crollato addosso, mai avrei pensato potesse accadere a noi una cosa simile, non nego che lo sconforto iniziale sia stato davvero pesante. Tutto il futuro che avevo sognato per mio figlio mi sembrava andato in mille pezzi, mille paure, mille domande a cui a volte non c’erano risposte.

Ai tempi non conoscevo l’Associazione e quindi per tanto tempo (circa 7 anni) mi sono sentita un pò persa con una diagnosi che mi lasciava solo tanta paura… poi piano piano Davide ha cominciato a crescere e a diventare la mia piccola peste e la nostra vita piano piano ha trovato la propria dimensione in tutto questo.

Non so da dove mi sia arrivata tutta la forza che ho avuto e che ho tuttora, considerato che sono una mamma sola che alleva due figli, ma poi ho capito… i miei figli sono la mia forza.

Poi l’anno scorso dopo una conferenza sulla Sindrome ho avuto la fortuna sfacciata di conoscere Isabella, Bruno, la sua mamma e tantissime altre meravigliose persone e famiglie e improvvisamente mi sono sentita a casa!!!! Non eravamo più soli e finalmente avevo persone che capivano esattamente ciò che dicevo… E’ stato fantastico!

Ora Davide è un super ragazzino pieno di vita e con tanta voglia di fare… a settembre inizierà un nuovo percorso… le scuole medie… ed io sono super orgogliosa del mio piccolo grande uomo.

L’unica cosa che mi sento di dire a tutti i genitori che si trovano ad affrontare la Sindrome è di non scoraggiarsi perché dopo le difficoltà iniziali le gioie arrivano e i nostri piccoli sono una fonte inesauribile di energia e felicità.

Un abbraccio
Sara